Home Sky Atlantic Un’estate fa reinventa il flashback (oltre la nostalgia) e regala la miglior interpretazione tv di Lino Guanciale: la recensione

Un’estate fa reinventa il flashback (oltre la nostalgia) e regala la miglior interpretazione tv di Lino Guanciale: la recensione

Il flashback da riempitivo diventa parte attiva della trama, che fa del giallo la sua colonna portante e trascina il pubblico in un gioco di ricordi e indagini

pubblicato 6 Ottobre 2023 aggiornato 16 Ottobre 2023 09:58

È solito dire che quando gli sceneggiatori ricorrono ad un uso frequente del flashback è perché, non sapendo in che direzione andare con la storia che stanno raccontando, preferiscono guardare indietro. Quello che realizza Un’estate fa, la nuova serie tv di Sky e NOW, è invece l’esatto opposto: perché per sapere come andrà a finire, bisogna conoscere il passato.

Un’estate fa, la recensione

Il flashback diventa parte attiva

Da stratagemma utilizzato per prendere tempo ed allungare il racconto, il flashback si trasforma così in uno strumento: Un’estate fa deve guardare spessissimo al passato, per ricostruire quell’estate del 1990 in cui scompare Arianna (Antonia Fotaras) ed il protagonista Elio (Lino Guanciale/Filippo Scotti) perde la memoria. La storia, così, va avanti solo se si guarda indietro.

Uno stratagemma che permette di riabilitare il flashback da semplice riempitivo (quante serie tv lo hanno sfruttato per interi episodi filler nel corso delle loro stagioni!) a tassello fondamentale di una storia che ha il suo cuore nell’investigazione.

Perché Un’estate fa resta un classico giallo, un whodunnit che solo nel finale svela il suo colpevole. Trova però la sua originalità nel far investigare il protagonista non solo nel nostro presente, ma anche nel passato, con un tocco di fantascienza che viene sfiorato ma non diventa il centro del mistero del racconto.

Come faccia Elio a tornare indietro nel tempo resta un’incognita della serie, che piuttosto che inventarsi risposte assurde fa in modo -grazie alla sospensione dell’incredulità- che il telespettatore entri subito nel meccanismo del viaggio andata e ritorno tra passato e presente e percepisca il “potere” del protagonista come qualcosa sì eccezionale, ma fondamentale per la storia.

I flashback diventano così più importanti del racconto nel presente: Un’estate fa, d’altra parte, parte proprio da questa premessa per costruire una storia in cui i ricordi, nitidi o sfocati, e la nostalgia che ne deriva diventano per assurdo il motore stesso per poter proseguire in avanti.

La nostalgia e l’essere felici senza saperlo

Questo guardare costantemente al passato genera inevitabilmente un effetto nostalgia di cui Un’estate fa non è esente. Sdoganando ormai definitivamente gli anni Novanta come nuovo decennio da cui attingere per suscitare ricordi affettuosi e commoventi tra gli spettatori (grazie, anni Ottanta, è stato bello ma arrivederci), Un’estate fa fa della nostalgia qualcosa di naturale per i protagonisti, e non solo.

Sebbene quell’estate sia stata segnata da una tragedia, i vari personaggi interpellati nel presente da Elio hanno uno sguardo sul passato che non è mai cinico o disprezzante. Piuttosto, riescono a ricordare i giochi in spiaggia, i gelati al chiosco, le serate davanti alle partite dei Mondiali, le prime cotte e le feste. È una nostalgia galoppante, ma non dominante: la bravura degli sceneggiatori e degli interpreti è stata nel fare di quei ricordi una parte sì importante della serie, ma non la colonna portante del progetto, che nell’arco degli episodi continua a reggersi sul giallo della scomparsa di Arianna.

La nostalgia diventa una conseguenza delle indagini non autorizzate di Elio, una sorta di prezzo da pagare per rivivere quell’estate in cui, giovani e spensierati, si aveva davvero tutta la vita davanti. E ributtati nel presente, è inevitabile lo shock, così come lo è chiedersi come si sia cresciuti così velocemente, diventando altro da chi volevamo davvero essere. Mentre i personaggi si affannano a dare la loro versione dei fatti di quell’estate, evitano di pensare a quello che sono diventati oggi. La nostalgia si trasforma in rifugio dal presente e dalla consapevolezza di oggi che si aveva la felicità tra le mani senza saperlo.

La miglior interpretazione di Lino Guanciale

Passando al cast di Un’estate fa, la sua versione “doppia”, tra interpreti adulti e giovani, funziona: ognuno assolve al suo compito delineando tratti molti differenti per gli stessi personaggi e rimarcando così come il tempo sappia cambiare le persone.

Ma questo era anche il debutto su Sky di Lino Guanciale che, tolti i panni del Commissario a tutti i costi indossati sulla Rai, ci dà l’impressione di essersi sentito molto più a suo agio nei panni dell’avvocato senza memoria Elio, offrendoci la sua migliore interpretazione in una serie tv.

Probabilmente il fatto che Elio debba cercare i propri ricordi puntata dopo puntata ha aiutato nel costruire un personaggio che non parte in quarta con degli obiettivi specifici, ma trova la strada da seguire pian piano che ritorna al suo passato. Un’interpretazione semplice, come quelle del resto del cast: dalla Costanza di Claudia Pandolfi (che dietro la sua corazza nasconde un personaggio estremamente fragile, che forse avrebbe meritato più spazio) all’Elio di Filippo Scotti, a cui è andato il difficile compito di restare adolescente con la mente di un adulto.

Unica pecca, ma non per colpa sua, il personaggio interpretato da Paolo Pierobon: l’Ispettore Zancan, con le sue battute che lo introducono in scena, il cinismo e l’atteggiamento da vero villain della serie, sa di già visto e non porta nulla di nuovo alla componente investigativa della serie. Un peccato, perché Pierobon è un attore che avrebbe meritato un personaggio più complesso e meno macchiettistico.

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